Sai qual è una delle parti più difficili di questo lavoro? (consulente finanziario)
Riuscire a non rivendere al cliente le sue stesse convinzioni.
Mi provo a spiegare, spesso mi capita di avere a che fare con persone che hanno delle convinzioni, a volte utili e altre volte dannose.
Riesco a distinguere queste convinzioni grazie agli studi, alla preparazione e all’esperienza.
Già dal momento in cui queste convinzioni vibrano nelle corde vocali del mio interlocutore riesco a capire se saranno per lui utili o meno.
Dal momento in cui possono essere utili le rinforzo.
Mentre la parte più difficile è quando queste convinzioni non sono utili ma dannose.
A quel punto ho un bivio, assecondare il cliente o assumermi la responsabilità e spiegargli perché questa convinzione non ci aiuterà.

La seconda opzione è intellettualmente più difficile, si tratta di contraddire chi abbiamo davanti con la paura che non diventi nostro cliente e che vada da qualcuno che assecondi le sue convinzioni, seppur errate.
Personalmente io, a prescindere, faccio quello che funziona e che è meglio per me e il mio cliente.
Passami il paragone, non venderò mai la dieta del fast food e del divano solo perché è più comoda al mio interlocutore, io voglio il meglio per lui e faccio quello che funziona, poi starà a lui capire. In ogni caso è solo questione di tempo, prima o poi la verità verrà a galla.
“Meglio una verità spiazzante che una bugia accomodante”.
Ritengo questo comportamento doveroso da chiunque faccia il mio lavoro, sia per etica che per professionalità, ci sono in ballo i risparmi di una vita, guadagnati con fatica, stress e sudore.
Proviamo a fare un esempio classico, movimentare il portafoglio spesso, alla ricerca dei trend, delle occasioni e delle mode.
I clienti amano questo meccanismo, sembra che si stia facendo qualcosa di utile per accrescere i risultati dell’investimento e si sentono seguiti.
Purtroppo, c’è anche il lato oscuro in questo, costi di negoziazione alta, pericolo di timing (entrare o uscire nel momento sbagliato) e prendersi un rischio da scommessa.
Ricorda anche che i momenti migliori di borsa sono, molto spesso, subito dopo i peggiori.
“Il nostro portafoglio è come una saponetta, più lo manovriamo e più si consuma”.

Non lo nego, per un consulente può essere allettante, può farlo sentire bene perché questa movimentazione frequente “giustifica il suo lavoro”, gli fa incassare commissioni e ha una retorica popolare e demagogica.
L’alternativa sarebbe fare un lavorone di educazione finanziaria con il rischio che il “non cliente” non capisca e scappi da qualcuno che gli venda la dieta più comoda ma meno utile.
Arrivati a questo livello di consapevolezza spetta a noi decidere cosa fare. Ci muoviamo nella direzione del facile e comodo o dell’utile e proficuo?
Personalmente, nonostante costi più sforzo, prediligo sempre quello che funziona a costo di perdere un “non cliente”. Non potrei convivere con il fatto di attuare comportamenti che funzionano peggio solo perché è più facile gestire il rapporto con il cliente.
Il mio appello va a entrambi i fronti, clienti e consulenti.
Il campo finanziario è l’emblema del contro intuitivo, dove quello che si pensa possa funzionare, semplicemente non funziona, dove l’ovvio non esiste e le certezze sono poche e mai quelle che si crede.
Serve lasciare ego e convinzioni all’ingresso per non rischiare di uscire con meno di quello con cui si è entrati.
Tu cosa scegli?
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